Lo Smart Working (o Lavoro Agile), da non confondere con il Telelavoro, è una modlaità di svolgimento dell’attività lavorativa che sta acquistando sempre più importanza. Imparare a calibrarne pregi e difetti e riuscire ad inserirlo in un’ampia strategia d’impresa è una sfida cruciale per molte aziende, anche italiane. E la formazione dei lavoratori gioca un ruolo fondamentale nella buona riuscita dell’operazione.
Smart Working: definizione, caratteristiche e obiettivi
Recentemente regolamentato attraverso la Legge n. 81/2017, lo Smart Working si è fatto largo sulla scena lavorativa nazionale e internazionale già da diversi anni. Spesso viene erroneamente considerato sinonimo di Telelavoro e invece necostituisce l’inevitabile evoluzione.
Lavorare in modalità Smart Working significa infatti ricorrere ad una
“modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti” (Legge n. 81/2017).
La limitazione spazio-temporale che caratterizza l’organizzazione tradizionale del lavoro viene meno, lasciando spazio ad una gestione del lavoro flessibile e discrezionale da parte dei lavoratori.
L’obiettivo principale lavoro dello Smart Working risiede infatti, per esplicita dichiarazione del legislatore, nell’incremento della competitività aziendale tramite l’agevolazione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei collaboratori. In una società in continua evoluzione, che sì impone ritmi più serrati e richiede maggiore adattabilità e capacità trasversali ma fornisce anche mezzi sempre più sofisticati ed efficaci, lo Smart Working si propone quale raccordo tra le esigenze organizzative e l’evoluzione tecnologica che permette di soddisfarle, il tutto senza trascurare le necessità di ogni lavoratore. Significa dunque affiancare agli obiettivi organizzativi la consapevolezza della rilevanza del capitale umano.
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Lo Smart Working in Italia
Come già detto, la normativa che regolamenta lo Smart Working in Italia è raccolta nella Legge n. 81/2017. Ad un anno dalla usa entrata in vigore, è giunto il momento di tirare le prime somme sul suo effettivo impatto.
Questa nuova soluzione lavorativa sta conoscendo un’indubbia diffusione nel territorio italiano: le ultime stime, proposte lo scorso anno dall’Osservatorio per lo Smart Working del Politecnico di Milano, parlano di oltre 300.000 Smart Workers nel nostro Paese, con un aumento del 3% rispetto all’anno precedente. Ad oggi si tratta per lo più di lavoratori provenienti dal settore privato, benché la quota dei lavoratori della pubblica amministrazione coinvolti sia destinata a crescere a seguito di una recente direttiva del Ministro Madia.
Ciononostante, da uno studio pubblicato a febbraio 2017 da Eurofound e International Labour Organization, l’Italia si colloca all’ultimo posto in Europa riguardo le percentuali di lavoratori coinvolti nello Smart Working. Sebbene la ricerca risalga al periodo antecedente la regolamentazione italiana del Lavoro Agile, lo scarso coinvolgimento nello stesso rispetto al resto del mondo è ancora evidente e la ragione è probabilmente da ricercare nella cultura del controllo e dell’associazione tra presenza fisica e produttività, ancora troppo diffusa nel nostro paese. Lo Smart Working si gioca invece sulla reciproca fiducia tra azienda e lavoratore quale elemento fondante la relazione tra i due e fondamentale per l’efficacia organizzativa.
Chi rema a favore…
Dopo un iniziale periodo di sperimentazione, diverse sono le realtà italiane che con soddisfazione hanno deciso di introdurre stabilmente lo Smart Working tra le modalità lavorative. Tra i casi più attuali vi è quello di Axa Italia, che rappresenta un esempio di policy di successo nell’applicazione del Lavoro Agile, tanto da guadagnarsi il premio Smart Working Award 2017 dell’osservatorio del Politecnico di Milano. A fronte di un’indiscussa necessità di revisione delle modalità di gestione e organizzazione del lavoro, prima ancora che degli spazi, l’azienda riferisce notevoli risultati in termini di produttività e soddisfazione dei suoi lavoratori, nonché di motivazione e work-life balance.
…e chi ha qualche ripensamento
Tuttavia non mancano le perplessità avanzate proprio dai primi sostenitori del Lavoro Agile, sin dall’inizio oggetto di analisi nei suoi innumerevoli pro e, ahimè, altrettanti contro. E’ di giugno 2017 il primo e inatteso diètro frónt di IBM, che conferisce nuova rilevanza al luogo di lavoro sostenendo che i collaboratori necessitino di ambienti creativi e stimolanti per essere realmente produttivi e innovativi. Nell’esperienza di chi ci ha preceduto nell’implementazione dello Smart Working, e si è dunque già imbattuto nei limiti che comporta, la location pertanto riacquista un ruolo determinante non soltanto per le sue caratteristiche fisiche ma anche e soprattutto per la componente relazionale che trascina con sé. Le implicazioni psicosociali sono, prevedibilmente, tutt’altro che trascurabili.
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I potenziali rischi dello Smart Working
Se da una parte costituisce uno degli esempi contemporanei più spiccati di valorizzazione delle risorse umane, in grado di creare vantaggio competitivo, dall’altra lo Smart Working non è esente da rischi e attentati alla salute e sicurezza dei lavoratori. È innanzitutto proprio l’assenza del vincolo spaziale a rappresentare la più evidente fonte di rischio a cui sono esposti gli Smart Workers. Se nel precedente Telelavoro la postazione lavorativa era individuata all’interno dello spazio casalingo ed adibita ad opera della stessa azienda, la possibilità offerta dallo Smart Working di scegliere le condizioni e l’ambiente presso il quale realizzare la propria attività lavorativa costituisce senz’altro una sfida alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Adesso il Datore di Lavoro non ha più la possibilità di operare un controllo sulla sicurezza e salubrità del lavoro, contrariamente ai propositi del D.Lgs. 81/2008.
Ai fattori di rischio derivanti da questi elementi tangibili del lavoro, si accostano ulteriori rischi di natura psicosociale, non sempre così evidenti ma non per questo meno rilevanti: alcuni costituiscono un’esasperazione di problematiche presenti anche nel lavoro tradizionale, altri sono quasi del tutto nuovi. Talvolta i lavoratori riscontrano infatti un senso di solitudine, una difficoltà a scindere il tempo da dedicare all’attività lavorativa e quello alla vita privata o anche problemi derivanti dal massiccio utilizzo delle tecnologie che lo Smart Working richiede.
Lo Smart Working come elemento di una strategia complessa
Alla luce delle ambivalenze illustrate, riteniamo dunque che sia riduttivo valutare la fattibilità e l’efficacia dello Smart Working in maniera decontestualizzata e aprioristica ma occorra fare riferimento alle esigenze delle risorse umane effettivamente presenti, oltre a quelle dell’azienda. Ogni collaboratore infatti è portatore di peculiari necessità che devono non soltanto incontrare quelle aziendali ma essere tenute in debita considerazione, affinché l’intersezione tra le due possa essere proficua e lo Smart Working costituisca un efficace strumento di conciliazione.
Gruppo Ambiente Sicurezza ravvisa pertanto la necessità di operare innanzitutto un’analisi organizzativa e coinvolgere attivamente i collaboratori. Ci si deve chiedere come il proprio core business potrebbe trarre giovamento dallo Smart Working ma anche quali caratteristiche, bisogni e potenzialità presentano i lavoratori coinvolti. In questo modo si potranno individuare le condizioni con le quali implementare il Lavoro Agile (la frequenza settimanale, ad esempio, è un elemento importante) nonché un campione di lavoratori da coinvolgere per un eventuale progetto pilota. All’interno di tale progetto assumeranno rilevanza variabili come la distanza casa-lavoro, che può rendere lo Smart Working più attraente per un lavoratore piuttosto che per un altro. Qualora i vantaggi aziendali e individuali si intercettassero, occorrerà pianificare una riorganizzazione dell’attività lavorativa, con i suoi spazi e le sue strumentazioni. Diverse realtà organizzative che vogliono adottare il Lavoro Agile predispongono degli spazi di coworking e, inevitabilmente, metodologie per la comunicazione a distanza come la messaggistica istantanea o i web meetings. Non si può, in ultimo, non programmare un monitoraggio costante e completo tanto dei risultati aziendali quanto della soddisfazione individuale.
Sono questi, secondo Gruppo Ambiente Sicurezza, gli imprescindibili strumenti per stabilire se il Lavoro Agile possa realmente essere un abito su misura per l’azienda e per chi la compone e come vada confezionato.
La formazione degli Smart Worker: la proposta di Gruppo Ambiente Sicurezza
Evidenziati pro e contro di questa nuova modalità di esecuzione del lavoro, frutto delle pratiche estere ma anche e soprattutto della nostra attività di ricerca e dell’esperienza che abbiamo maturato grazie all’interazione diretta con realtà organizzative che adottano lo Smart Working, noi di Gruppo Ambiente Sicurezza abbiamo ritenuto necessario apportare il nostro contributo ad un elemento di innovazione ricco di potenzialità ma di altrettante insidie.
Riteniamo innanzitutto che, accanto all’informazione, imposta dalla legge,sui rischi relativi allo svolgimento dell’attività in modalità Smart Working, sia doveroso intervenire con una formazione aggiuntiva rivolta agli Smart Workers, benchè la Legge 81/2017 non preveda alcun obbligo. Questo non soltanto per la rilevanza che riconosciamo al tema ma anche in virtù dell’art. 37 comma 6 del D. Lgs. 81/2008, che richiede che la formazione, misura di prevenzione per eccellenza, debba essere rivista in caso di un’evoluzione dei rischi o qualora ne insorgano degli altri. Stiamo dunque realizzando dei corsi di formazione volti a evidenziare i rischi associati allo Smart Working e le relative misure preventive e protettive, come sempre secondo una didattica interattiva ed un approccio il più possibile disegnato sulle specifiche esigenze di ogni azienda.
Inoltre riteniamo che, come per ogni altro fattore di rischio, anche i rischi specifici connessi allo Smart Working debbano essere valutati e affrontati adeguatamente ed è per questo che stiamo studiando una strategia specificatamente rivolta alla gestione e all’integrazione dei suddetti all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi.