La Sorveglianza Sanitaria è un elemento chiave dell’intera costruzione normativa che riguarda la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Un complesso sistema di obblighi e responsabilità che coinvolge figure diverse (datore di lavoro, dirigente, medico competente) e che impatta in maniera fondamentale sulla vita dei lavoratori.
La Sorveglianza Sanitaria: definizione e caratteristiche
Parlare di salute e sicurezza sul lavoro e di misure preventive contro gli infortuni e le malattie professionali, significa necessariamente parlare anche di Sorveglianza Sanitaria.
L’articolo 2 del D.lgs. 81/2008 definisce la Sorveglianza Sanitaria come
insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.
I soggetti della Sorveglianza Sanitaria: Datore di Lavoro, Dirigente e Medico Competente
La realizzazione della Sorveglianza Sanitaria nei casi previsti dallo stesso Testo Unico, previa nomina del Medico Competente, costituisce uno degli obblighi a carico del Datore di lavoro e del Dirigente elencati all’articolo 18.
La sua rilevanza è testimoniata anche da quanto previsto negli articoli:
- 29 comma 3, che dispone che l’attività di valutazione dei rischi e la relativa stesura del Documento di Valutazione dei Rischi debbano essere immediatamente aggiornate in caso di sussistenza di una serie di condizioni, tra le quali figura anche l’eventuale necessità ravvisata alla luce dei risultati della Sorveglianza Sanitaria;
- articolo 35 comma 2 lettera b), che impone tra gli argomenti oggetto di Riunione periodica l’andamento nell’ultimo anno degli infortuni, delle malattie professionali e della Sorveglianza Sanitaria.
La valutazione e il monitoraggio clinico del lavoratore rappresentano dunque attività imprescindibili, profondamente radicate nel sistema di gestione della sicurezza ideato dal legislatore. In particolare, costituiscono un’evidente espressione del passaggio dalla logica assistenzialista a quella prevenzionistica che ha caratterizzato l’evoluzione normativa in materia.
Lo svolgimento delle attività di Sorveglianza Sanitaria è affidato, come detto, al Medico Competente, un professionista in possesso di specifici titoli o requisiti, esplicitati nell’ articolo 38 del Testo Unico. Una figura centrale, quindi, che necessita di un approfondimento dedicato (disponibile qui).
Leggi l’articolo dedicato al Medico Competente
Gli atti medici della Sorveglianza Sanitaria e i giudizi espressi
Per conoscere appieno in che cosa consiste la Sorveglianza Sanitaria occorre entrare nel merito dell’articolo 41, che specifica il concetto di << insieme di atti medici >>. Il legislatore specifica che l’attività consiste nella:
- visita medica preventiva volta a constatare l’assenza di controindicazioni all’attività lavorativa cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica (lettera a);
- visita medica periodica per monitorare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, ha cadenza di norma annuale ma può assumere frequenza differente, stabilita dal Medico Competente in funzione della valutazione del rischio. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può però disporre contenuti e periodicità della Sorveglianza Sanitaria diversi rispetto a quelli indicati dal Medico Competente (lettera b);
- visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal Medico Competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica (lettera c);
- visita medica in occasione del cambio della mansione, allo scopo di verificare l’idoneità alla mansione successivamente acquisita (lettera d);
- visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente (lettera e).
- visita medica preventiva in fase preassuntiva, a scelta del Datore di lavoro e svolta ad opera del Medico Competente o dei Dipartimenti di prevenzione delle ASL (lettera e-bis);
- visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare il permanere dell’idoneità alla mansione (lettera e-ter).
In funzione dei risultati emersi dalle visite in questione, il Medico Competente può esprimere un giudizio differente ed esclusivamente relativo allo svolgimento della specifica mansione:
- idoneità;
- idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
- inidoneità temporanea, precisandone i limiti temporali di validità;
- inidoneità permanente.
L’esito, espresso per iscritto dandone copia al lavoratore e al Datore di lavoro, entra a far parte della cartella sanitaria e di rischio del singolo lavoratore, redatta in formato cartaceo o digitale secondo i requisiti minimi espressi nell’Allegato 3A “Contenuti della cartella sanitaria e di rischio” e costituita al momento della prima visita medica cui il lavoratore è stato sottoposto (commi 5, 6 e 6-bis).
A seguito delle visite e alla luce degli esiti delle stesse, il Datore di lavoro è innanzitutto tenuto ad adottare le misure indicate dal Medico Competente e in caso di inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, inferiori garantendo in ogni caso il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza (articolo 42).
Non tutti i lavoratori sono però a conoscenza della loro facoltà di procedere con ricorso avverso al giudizio espresso dal Medico Competente, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio stesso, all’organo di vigilanza territorialmente competente. Quest’ultimo dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca dell’esito imputato (comma 9). Sentenze della Corte di Cassazione hanno a questo proposito stabilito che, in caso di inidoneità temporanea allo svolgimento della mansione, in assenza di possibilità di collocazione alternativa, il Datore di lavoro può procedere alla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione ma non al licenziamento del lavoratore. In caso di inidoneità permanente invece, l’assenza di altre mansioni compatibili con le ridotte capacità lavorative della risorsa, costituisce giustificato motivo di licenziamento ma non prima che siano trascorsi i trenta giorni stabiliti per la facoltà del ricorso oppure, una volta posto il ricorso, il tempo necessario perché l’organo di vigilanza possa esprimere il proprio giudizio.
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L’accertamento di condizioni particolari
L’attività di Sorveglia Sanitaria, come previsto nell’articolo 41, non può però essere volta:
- in alcun caso a rilevare stati di gravidanza;
- a verificare l’assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti, salvo le visite di cui alle lettere a), b), d), e-bis) e e-ter), che possono essere finalizzate al riscontro di tali condizioni in specifici casi e secondo le modalità previste dall’ordinamento vigente;
- ad accertare altri casi vietati dalla normativa vigente.
La gravidanza
Per quanto riguarda il primo punto, il D.lgs. 151/2001 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità” si fonda infatti sul divieto di qualsiasi discriminazione per ragioni connesse al sesso con particolare riguardo allo stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, e/o collegate alla titolarità e all’esercizio dei relativi diritti. Relativamente alla Sorveglianza Sanitaria, la normativa in questione prevede che sia la lavoratrice ad informare circa la sua condizione di gestante il Datore di lavoro, il quale dovrà valutare la compatibilità tra la condizione in oggetto e l’attività lavorativa svolta e procedere di conseguenza.
L’uso e la dipendenza da alcol e droghe
In merito all’assunzione e alla dipendenza da alcolici e sostanze stupefacenti, l’attuale normativa di riferimento è rappresentata invece dagli specifici Accordo Stato – Regioni del 18 settembre 2008 e Accordo Stato – Regioni del 7 luglio 2017. Quest’ultimo prevede che le visite mediche preventive, periodiche, in occasione del cambio della mansione, preassuntive e a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, sono anche finalizzate alla verifica di assenza di assunzione o dipendenza. Questa prescrizione, però, vale solo per quei lavoratori che svolgono mansioni ad elevato pericolo di infortuni, con gravi conseguenze per l’incolumità e la salute propria e dei terzi (rientranti nell’Allegato A). La norma si applica anche alle attività lavorative non comprese nell’elenco in questione ma per le quali la valutazione dei rischi ha rinvenuto rischi particolari dovuti all’ uso e dipendenza da alcol o da altre sostanze. La frequenza dell’accertamento, stabilita dal medico Competente, deve essere almeno triennale.
La sieropositività
Ulteriore caso particolare che è opportuno menzionare è quello relativo all’accertamento di sieropositività. A questo proposito il riferimento è la Circolare del Ministero della salute del 10 maggio 2013, che rimanda alla Raccomandazione della Conferenza Generale dell’OIL n. 200/2010 su HIV/AIDS e mondo del lavoro, la quale ribadisce che non sono ammesse discriminazioni lavorative in base alla reale o presunta sieropositività e che a nessun lavoratore deve essere richiesto di effettuare il test HIV o di rivelare il proprio stato sierologico.
Allo stesso tempo, però, la normativa considera la prevenzione della trasmissione dell’HIV una priorità fondamentale. Pertanto << norme specifiche di settore che richiedono l’accertamento preliminare della condizione di sieronegatività, come condizione necessaria perché il lavoratore risulti idoneo ad uno specifico servizio (prestato, ad esempio, presso forze di polizia o forze militari ecc.), hanno una loro legittimazione esclusivamente nella sussistenza di una effettiva condizione di rischio che dall’esercizio dell’attività lavorativa vi sia per i terzi un concreto e reale rischio di contagio in occasione e in ragione dell’esercizio dell’attività stessa. […] il riferimento principale è rappresentato dal documento di valutazione dei rischi, dal quale, per evitare possibili abusi, deve risultare in modo chiaro – tale da consentire una eventuale verifica della rispondenza rispetto alle conoscenze scientifiche più avanzate da parte dell’organo di vigilanza – il criterio utilizzato per accertare che nello specifico contesto lavorativo è presente il rischio concreto di trasmissione dell’HIV sul luogo di lavoro, anche in relazione alla qualifica professionale ed alla condizioni di salute del singolo lavoratore >>. Specifica però anche che << nessuno può essere sottoposto senza il proprio consenso ad analisi tendenti ad accertare l’infezione da HIV se non per motivi di necessità nel suo interesse >> e che, posto che l’accertamento di sieropositività non può costituire ragione di discriminazione nell’accesso al lavoro, non trova alcuna valida motivazione l’esecuzione del test in fase preassuntiva.
Gli obblighi relativi alla Sorveglianza Sanitaria
Come anticipato, la Sorveglianza Sanitaria rientra tra gli obblighi elencati all’articolo 18 in capo del Datore di lavoro e del Dirigente. In particolare essi sono tenuti a:
- inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di Sorveglianza Sanitaria e più in generale richiedere al Medico Competente l’adempimento degli obblighi a suo carico (lettera g);
- comunicare tempestivamente al Medico Competente la cessazione del rapporto di lavoro con quei lavoratori per i quali vige l’obbligo di Sorveglianza Sanitaria (lettera g-bis);
- vigilare affinché siano adibiti alla mansione solo i lavoratori per i quali vige l’obbligo di Sorveglianza Sanitaria che abbiano ottenuto il giudizio di idoneità (lettera bb).
La legge, poi, dedica ampio spazio agli obblighi del Medico Competente, per i quali, però, si rimanda allo specifico articolo (link).
Infine, relativamente alla Sorveglianza Sanitaria, il lavoratore ha l’obbligo di sottoporsi alle visite mediche previste dal Testo Unico e/o disposte dal Medico Competente (articolo 20 comma 2 lettera i). D’altra parte, quest’onere specifico è coerente con quello più generale per cui ogni lavoratore << deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro >> (articolo 20 comma 1), frutto dell’impostazione proattiva della normativa, per la quale il lavoratore non è più esclusivamente oggetto di diritti ma anche soggetto avente specifici doveri a proprio carico (articolo 20).
Obblighi e sanzioni rappresentano due facce della stessa medaglia: quelle corrispondenti alla violazione degli oneri connessi alla Sorveglianza Sanitaria sono riportate all’interno degli articoli 55 (per Datore di lavoro e Dirigente), 58 (per il Medico Competente) e 59 (per il lavoratore).