Nell’odierna società globalizzata e multiculturale, l’adeguata considerazione della diversità di provenienza delle risorse umane interne ad un’organizzazione diviene un elemento imprescindibile. Annoverate tra le condizioni cui prestare attenzione nella valutazione dei rischi secondo l’articolo 28 del D.Lgs. 81/2008, le differenze culturali rappresentano una variabile fondamentale per analizzare ed individuare idonee strategie di organizzazione ed esecuzione del lavoro. Contrariamente alla diversità di genere, di età o psicomotoria, provenire da un Paese diverso infatti non comporta delle differenze fisiologiche ma può essere connesso ad ulteriori eterogeneità altrettanto rilevanti, vertenti in particolare su aspetti culturali e sulle competenze linguistiche, che possono sfociare in problematiche di interazione e comunicazione. Ciò richiede dunque una strutturazione del lavoro che contempli e rispetti le necessità di cui ogni lavoratore è portatore e le integri in un tutt’uno efficace.
Agire l’articolo 28
Come è possibile allora applicare concretamente quanto disposto dall’articolo 28? Non essendoci una risposta universale e proficua in ogni contesto, occorre innanzitutto analizzare la popolazione aziendale attraverso un vero e proprio censimento della stessa, magari costituendo, dove possibile, un’apposita unità organizzativa deputata alla gestione del tema della diversità. In questo modo diviene possibile procedere con la definizione di interventi concreti in diversi ambiti di intervento:
- Innanzitutto, la diversità di provenienza significa differenza di idioma: è dunque necessario prevedere un accertamento delle conoscenze e competenze linguistiche dei lavoratori stranieri al fine di assicurare l’effettiva comprensione degli interventi di informazione, formazione e addestramento, nonché garantire la disposizione di procedure e cartellonistica di sicurezza comprensibile ad ogni risorsa.
- Non solo. L’origine geografica di ognuno porta con sé inevitabilmente esigenze e sensibilità culturali e religiose differenti: basti pensare ad un lavoratore di fede islamica che deve aderire al ramadan ed all’aumento di rischio connesso allo svolgimento di determinate mansioni che comportano un’attività fisica rilevante. Sarebbe dunque opportuno che eventuali necessità di questo tipo venissero comunicate dalla risorsa stessa al Medico Competente in sede di Sorveglianza Sanitaria preventiva, per poter intercettare e gestire al meglio il connubio tra i bisogni del lavoratore e quelli dell’azienda.
- Inoltre, antropologicamente parlando, il riconoscimento e la percezione del rischio non risentono esclusivamente di parametri individualmente definiti ma soprattutto di un’ottica culturalmente standardizzata, tale per cui vi possono essere popolazioni con una diversa sensibilità al rischio. È intuibile come divenga imprescindibile un intervento formativo volto a conferire maggiore consapevolezza dei rischi connessi all’attività lavorativa.
- Ulteriori interventi dovrebbero poi riguardare la realizzazione di politiche aziendali che rispettino le pari opportunità e sensibilizzino tutti i lavoratori, anche attraverso azioni formative incentrate sul valore della diversità e sulle modalità di gestione della stessa.
Riassumendo, comunicare l’impegno aziendale e sensibilizzare i lavoratori ai principi di pari opportunità è necessario ma non sufficiente: occorre, coerentemente, evitare e condannare qualsiasi tipo di discriminazione ma anche adottare procedure e prassi che favoriscano la conciliazione delle esigenze culturali di ognuno, promuovendo così un’effettiva cultura dell’integrazione. E come per ogni potenziale fattore di rischio aziendale, valutare gli esiti degli interventi implementati e monitorare periodicamente l’andamento organizzativo secondo una lente culturale.
Un valore aggiunto
L’impegno necessario per gestirla adeguatamente non deve però trarre in inganno: la multiculturalità costituisce non solo un potenziale fattore di rischio ma innanzitutto una vera e propria fonte di arricchimento aziendale, frutto dell’accostamento di sensibilità diverse. Ogni lavoratore, portatore di differenti esigenze e prospettive culturalmente derivate, può infatti rappresentare un punto di forza che permette all’organizzazione di cogliere necessità emergenti o domande che al momento non trovano soddisfacimento nel mercato attuale. In questo modo l’azienda potrebbe divenire capace di anticipare il cambiamento sociale e non esclusivamente di seguirlo. Considerare e tutelare la diversità culturale consente pertanto non solo di essere compliant al D.Lgs. 81/2008, preservando la salute e la sicurezza dei lavoratori, ma anche di valorizzare il vantaggio in esse contenuto.